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Arteterapia e Adolescenti contemporanei

Aggiornamento: 31 ago 2021

Estratto di un saggio che ho scritto per una rivista dell'Università statale di Pedagogia di Mosca (MGPU) insieme all'Accademia di Istruzione e Formazione della Federazione Russa.

“La creatività è la colorazione dell’intero atteggiamento

verso la realtà esterna” (Winnicott, 1971)


Esiste una naturale tendenza degli adolescenti ad esprimersi attraverso prodotti culturali ed artistici quali la musica, la danza, l’azione violenta, il disegno del proprio nome, i murales, la manipolazione del corpo, disegni, video, fotografie da ritagliare e ricomporre.

Secondo Pietropolli Charmet (2008) si tratta, per gli adolescenti contemporanei, di una creatività narcisistica (piuttosto che di tipo riparatorio o sublimatorio come era in passato), una creatività necessaria a dar vita al soggetto nuovo, dotato di un nuovo corpo: quindi, orientata alla ricerca di autoaffermazione.

La creatività ha a che fare con flessibilità, adattabilità, rinnovamento e, contemporaneamente, con unicità, particolarità, soggettività.

La dimensione del fare è solo uno dei suoi aspetti.

La teoria psicoanalitica sostiene che la creatività sia un presupposto di salute mentale in generale, il contrario della compiacenza (Winnicott, 1971).

Nei casi di inibizione, particolarmente in un’età di transizione come l’adolescenza, si può affermare che la creatività non riesca a sbocciare per il conformarsi dell’adolescente alle richieste ambientali, alla domanda di non separazione dell’altro, e quindi per il suo perdurare nell’infantilità e nella passività.

Per affrontare queste problematiche e aiutare la definizione dell’identità e il legame sociale, l’arteterapia appare un metodo pertinente, poiché usa un linguaggio caro all’adolescente e lo pone in una posizione di protagonista: l’atto creativo si inscrive in un progetto personale attraverso il confronto con gli altri.

Raccontandosi per immagini, e attraverso “il farsi dell’opera”, l’adolescente può uscire progressivamente dalla confusione mettendo in parola quello che fa e sente.

Il valore di apertura graduale, che il metodo dell’arteterapia favorisce, è molto evidente nel caso di quegli adolescenti che faticano ad esprimersi attraverso le parole.

Attraverso la relazione con l’arteterapeuta e con il gruppo, mediata dal linguaggio artistico, si vuole favorire la creatività individuale che è in cerca di una forma ma che, a ben osservare, ha già caratteristiche soggettive. Riconoscere la particolarità di ogni adolescente è fondamentale per costruire percorsi personalizzati.

Riporto un progetto contro la dispersione scolastica condotto da Ambra Nardini per mettere in evidenza l’importanza della creazione della relazione come preliminare al lavoro sui contenuti personali. L’arteterapeuta utilizza il linguaggio dell’arte, in particolare l’opera relazionale “Legarsi alla montagna” dell’artista Maria Lai, come metafora della creazione di una relazione tra compagni di classe e di un legame con lo spazio della scuola. Solo se si crea la relazione, è possibile che i ragazzi usino in senso espressivo i materiali artistici che vengono messi loro a disposizione. Nel caso dell’arteterapia, si propongono i materiali plastico-pittorici classici, ma anche linguaggi più contemporanei quali fotografia, video, body painting, writing, installazione e performance. L’uso dei linguaggi contemporanei è da tenere presente per avvicinarsi al mondo adolescenziale, almeno come punto di partenza. Se è utile, e la situazione lo rende possibile, ci si può spostare su altre forme di espressività più classiche, come quella grafica o quella plastica, sempre tenendo conto delle loro specifiche valenze simboliche e della specificità di ognuno. Come sottolinea l’arteterapeuta Cecilia Pagnini, esiste molta differenza tra un selfie e un autoritratto disegnato o dipinto. Il selfie è oggi una tendenza dilagante: i ragazzi cercano la loro immagine in una frenetica collezione di scatti. La differenza tra il selfie e l'autoritratto è come la differenza tra lo specchiarsi e il ritrarsi. Nel primo caso, la ricerca è passiva, legata all’ideale, quindi chiusa in se stessa; nel secondo, c’è l’azione attiva di rappresentarsi, di confrontarsi con se stessi e con la propria immagine, azione che coinvolge il corpo dell’autore e il rapporto occhio-mano per dare vita ad un oggetto terzo. Se, in un percorso di arteterapia, il passaggio da una modalità all’altra - dal corpo come opera all’opera come oggetto che distanzia e aiuta ad uscire dalla confusione - sembra essere più un obiettivo da raggiungere che un punto di partenza, entrambe le modalità vanno valorizzate come forme, o tentativi, di comunicazione. Ci sono diverse esperienze sull’utilizzo di tecniche non classiche che, inserite in un progetto di arteterapia, hanno permesso agli adolescenti un lavoro profondo. In una comunità terapeutica, il travestimento è stato proposto per la difficoltà di alcune ragazze a rapportarsi con l'oggetto terzo. Il percorso è evoluto in un lavoro di autoritratto fotografico. Questi autoritratti sono stati poi ritagliati e messi in rapporto tra loro e con ambienti scelti dai ragazzi. In un altro momento, è stata proposta la creazione di un murales. L’obiettivo del murales era di far entrare in relazione con la città, attraverso autoritratti, questo gruppo di adolescenti isolati. Illustrare il muro della comunità, oltre che momento significativo di apertura sull’esterno attraverso immagini di sè, si è rivelato importante per l’appropriazione affettiva dello spazio della comunità. Il muro è un luogo di confine, soglia tra due mondi: il proprio e quello degli altri. Un percorso di arteterapia potrebbe porsi come finalità quella di condurre un determinato ragazzino al modellaggio dell’argilla, tenendo conto delle valenze della materia (cfr. Svirgole 2 e 3): idealmente, la progressione potrebbe essere quella che va dal corpo dipinto, al foglio, all’argilla. Gli esercizi pittografici e grafo-motori, che uniscono tecniche psicomotorie e pittoriche, hanno funzione rilassante e distensiva della muscolatura e aiutano a creare una connessione con il corpo, liberando il gesto grafico e rendendolo più fluido. Associando la respirazione e il movimento al colore, questi esercizi rappresentano, inoltre, e questo è il loro valore per l’arteterapia, un ponte verso l’opera espressiva. L’argilla è un materiale corposo e malleabile e l’opera che si viene a formare è tridimensionale, ha un corpo; inoltre, c’è un particolare coinvolgimento del corpo dell’autore nell’atto della creazione. Queste caratteristiche rendono la materia particolarmente utile per chi vive il proprio corpo come estraneo, inconsistente, deforme o da aggredire. Attraverso il lavoro di arteterapia, l’adolescente può iniziare a prendere in considerazione il proprio corpo, ridargli un po’ di vita, muovendolo in direzioni nuove. Cecilia Pagnini, partendo dalla constatazione che gli adolescenti non si rappresentano, ha proposto ad un gruppo un lavoro sul corpo e l’affettività, di cui si riportano due momenti significativi: la realizzazione delle sagome del corpo, diventate poi contenitori delle proprie autorappresentazioni, e la tecnica del Body Painting, che si avvicina al mondo giovanile richiamando l'arte del tatuaggio. Entrambe le tecniche, ciascuna con le sue peculiarità, sono state utili, all’interno di un percorso più ampio di arteterapia, per stabilire un contatto e uno scambio affettivo-relazionale tra ragazzine che avevano un rapporto difficile con il proprio corpo e vivevano il contatto fisico con gli altri in maniera minacciosa. Rimanendo sul tema dell’autoritratto, cito un lavoro da me realizzato con un gruppo di adolescenti con disturbo del comportamento alimentare. Per arricchire un lavoro sull’identità e la rappresentazione di sé, che già portavo avanti attraverso la libera espressione in atelier, ho accompagnato il gruppo a visitare una mostra sui ritratti. L’incontro con il linguaggio dell’arte è fondamentale in arteterapia perché si tratta del linguaggio che si usa nei nostri atelier, quindi, guardare libri d’arte o visitare mostre può permettere alle persone di ampliare il loro orizzonte espressivo e culturale. Ammirare i ritratti in mostra ha permesso agli adolescenti del gruppo un lavoro personale, tramite l’identificazione con alcuni di questi ritratti. Per una ragazza, in particolare, la visita si è rivelata un’occasione preziosa perché ha aperto uno scorcio sul suo passato, su un talento abbandonato, di cui non aveva mai parlato. Attraverso il ritratto di una donna, ha trovato il coraggio di dire qualcosa di sé. Questa apertura ha portato del nuovo nella sua espressività: oltre a nuove parole, anche nuove forme, nuovi materiali e nuovi colori ai suoi disegni scuri.


BIBLIOGRAFIA

Ammaniti M., 2018, Adolescenti senza tempo, ed. Raffaello Cortina.

Benasayag M., Schmit G., 2003, L’epoca delle passioni tristi, ed. Universale Economica Feltrinelli.

Denner A., Malavasi L., 2017, Arteterapia: metodologia e ricerca, Libri Liberi ed.

Innocenti I., Malavasi L. (a cura di), 2019, Così vicino mi bruci, Svirgole 2. Quaderni di arteterapia, Libri Liberi ed. Innocenti I., Malavasi L. (a cura di), 2020, Girovaghi sulla luna, Svirgole 3. Quaderni di arteterapia, Libri Liberi ed. Nardini A., 2019, Un filo d’arte per tutti: l’esperienza artistica come strumento di inclusione, in: A mezz’aria. Adolescenti e linguaggi creativi, conferenza organizzata da C.R.E.T.E. Pagnini C., 2019, relazione sul laboratorio d’arte, in: A mezz’aria. Adolescenti e linguaggi creativi, conferenza organizzata da C.R.E.T.E. Pietropolli Charmet G., 2008, Fragile e spavaldo. Ritratto dell’adolescente di oggi, Editori Laterza. Pigozzi L., 2019, Adolescenza zero. Hikikomori, cutters, ADHD e la crescita negata, ed. Cronache nottetempo. Winnicott D.W., 1971, Gioco e realtà, Armando Editore.

Immagine: Yayoi Kusama. Courtesy Fuson Foundation


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