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  • ilariainnocenti

Sullo sconfinare creativo dalle CITTA’ INVISIBILI di Italo Calvino


Propongo una micro riflessione, accompagnata da "Le città invisibili" di Italo #Calvino (Oscar Mondadori, 2011), sul rapporto tra territori esterni, interni e zone di confine, con attenzione a chi sa guardare creativamente. Le città invisibili hanno caratteristiche di concretezza architettonica e di poesia immaginativa. Ci sono fiumi, torri, edifici, negozi, ponti, persone… tra loro associati in bizzarre ricomposizioni, nello stile di Calvino. Le città invisibili sono città dove il confine tra le due realtà, interna ed esterna, sfuma, sono città che, come sostiene Marco Polo in un dialogo con Kublai Kan, recano l’ombra della prima città: “Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia”. Se la casa resta in noi come reverie della grande culla, per usare un’immagine di Bachelard (1957), è questa la condizione basilare e necessaria all’esplorazione, allo sconfinamento in territori nuovi ed estranei. La casa è una mappa primaria, con una sua struttura, che resta incisa nella memoria, filtra ogni successivo sguardo, offre coordinate, traccia percorsi. Il concetto di mappa evoca, al tempo, sicurezza, curiosità, desiderio esplorativo. KUBLAI: - Non so quando hai avuto il tempo di visitare tutti i paesi che mi descrivi. A me sembra che tu non ti sia mosso mai da questo giardino. POLO: - Ogni cosa che vedo e faccio prende senso in uno spazio della mente dove regna la stessa calma di qui, la stessa penombra, lo stesso silenzio percorso da fruscii di foglie. [...] Forse questo giardino esiste solo all'ombra delle nostre palpebre abbassate, e mai abbiamo interrotto, tu di sollevare polvere sui campi di battaglia, io di contrattare sacchi di pepe in lontani mercati, ma ogni volta che socchiudiamo gli occhi in mezzo al frastuono e alla calca ci è concesso di ritirarci qui vestiti di chimoni di seta, a considerare quello che stiamo vedendo e vivendo, a tirare le somme, a contemplare di lontano. [...] Forse del mondo è rimasto un terreno vago ricoperto da immondezzai, e il giardino pensile della reggia del Gran Kan. Sono le nostre palpebre che li separano, ma non si sa quale è dentro e quale è fuori.” L’artista, nel catalogo della mostra “Territori instabili” (2013), è definito da Nori un viaggiatore in zone di confine, qualcuno che sollecita l’interscambio tra realtà concreta e fantasia, tra conosciuto e sconosciuto, tra interno ed esterno. Su un foglio di carta o sulla tela, scrivendo storie o modellando la materia, dà forma a nuovi panorami che condensano diverse dimensioni.

Negli sconfinamenti del vivere creativo, comprese le esperienze di fruizione artistica e letteraria, l’io si espande e si arricchisce.

Amo leggere Calvino per il suo uso originalissimo del linguaggio, per la sua capacità di raccontare, sempre con leggerezza, l’esperienza umana, anche quella difficile da dire, combinando le parole in immagini-metafore che avvicinano molto la sua opera alla poesia.


BIBLIOGRAFIA

Nori F., 2013, Territori instabili, in Territori instabili. Confini e identità nell’arte contemporanea, Mandragora, Firenze

Bachelard G., 1957, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari


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