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Il Caffè Alzheimer di Libri Liberi oggi

Il presente articolo vuole sintetizzare il metodo che abbiamo elaborato a partire dall’esperienza del Caffè Alzheimer di Libri Liberi, dalle riflessioni e dagli scambi scaturiti all’interno del gruppo di lavoro.

Grazie a Elisabetta Olobardi, Luca Carli Ballola, Lucilla Carucci, Chiara Passalacqua, Giulia De Rienzo, Davide Guerrieri, Paola Bartolozzi.


 

A Gin, ai fiori nelle sue mani


LE CARATTERISTICHE DI UN CAFFE’ ALZHEIMER

Il primo Caffè Alzheimer data 1997, l’ideatore è lo psicogeriatra olandese Bere Miesen.

Un Caffè è un luogo dove le persone con demenza, i loro familiari e i caregiver professionisti si possano incontrare a cadenza regolare.

Lo schema regolare di Meisen si articola in 5 momenti:

  1. Accoglienza

  2. Presentazione di un argomento e intervista

  3. Intervallo con musica e bevande

  4. Discussione

  5. Conclusione con spazio ad un esperto

Un Caffè non è un luogo di svago, ma di relazione e di accoglienza, un luogo dove vivere insieme momenti significativi e dove si riconosce alla persona lo statuto di persona al di là della malattia.

In un Caffè non si fa terapia, anche se il suo valore è terapeutico.

Un Caffè ha come effetti un’azione educativa e trasformativa per chi vi partecipa e la creazione di una comunità dementia friendly, una comunità che non ha paura della demenza.


IL CAFFE’ ALZHEIMER DI LIBRI LIBERI

Il Libero Caffè Alzheimer di Libri Liberi è il primo a Firenze, regolarmente attivo dal 2009. Ha generato altri due Caffè Alzheimer a Firenze, quello del Q4, ospitato dalla biblioteCaNova dell’Isolotto; e quello del Q2, oggi ‘na Tazzurella ‘e Caffè. Dal 2012, è attiva la collaborazione con arteterapeuti e psicoterapeuti che facevano parte dell’associazione C.R.E.T.E. e, dal 2023, hanno fondato l’associazione SPUNTO.  Il Caffè di Libri Liberi è da sempre gestito da volontari e non ha mai ricevuto finanziamenti.

Dopo i momenti dell’accoglienza e del benvenuto, le persone con Alzheimer e i loro caregiver si separano in due spazi: i primi si dedicano ad un’attività con la creta, i secondi hanno un’opportunità di condivisione e di formazione. I due gruppi si riuniscono in un saluto finale. Abbiamo creato due spazi nell’idea di una presa in carico distinta: le persone con demenza possono trovare, nel gruppo di arte(terapia), un’accoglienza-altra, uno spazio dedicato completamente a loro, libero dalle dinamiche della vita quotidiana; i caregiver possono liberamente confrontarsi sui loro vissuti, sulle loro difficoltà e ricevere informazioni pratiche. Dal 2023, lo spazio dedicato ai familiari è strutturato come un gruppo psico-educazionale e di elaborazione emotiva gestito da due psicologi.Tra un incontro del Caffè e un altro, tutti i volontari (psicologi, arteterapeuti ecc.) lavorano insieme in un gruppo di supervisione.



UN’ESPERIENZA DI ARTETERAPIA NON CLASSICA: MODELLARE LA CRETA COME METAFORA

La demenza colpisce progressivamente le funzioni cerebrali: se da principio l’atrofia è localizzata nelle aree della memoria e del linguaggio, contemporaneamente, aumenta l’efficienza delle aree non colpite, come quella della creatività. Gli anni di esperienza con la creta ce lo hanno confermato, la mani non dimenticano, la memoria corporea si conserva intatta fino alla fine. Lo vediamo nei gesti che si ripetono, come quelli di Maria, che riproduce la gestualità della pastaia (pur non ricordando di aver fatto la pastaia)…L’obiettivo del nostro Caffè, come quello di ogni Caffè, non è terapeutico, né assistenziale, ma osservativo e relazionale. La finalità del gruppo di arte(terapia) non è quella di creare un oggetto carino, né di dimostrare partecipazione al gruppo, ma di lasciare che, attraverso la terra, emerga qualsiasi cosa voglia emergere (ricordi, parole, memorie tattili, “solo” gesti - anche di rifiuto); accogliendo il rapporto che la persona stabilisce con la materia-argilla, creiamo una relazione di accoglienza.

Perché abbiamo scelto la creta come unico materiale?

La prima ragione è che lavoriamo con persone anziane, abituate ad usare le mani e ben lontane dal mondo virtuale e dei fast food.

La creta è un materiale duttile, flessibile, plasmabile e primordiale che può rispondere ad ogni esigenza espressivo-motoria. Permette di venire incontro a chi ha difficoltà a tenere in mano in modo funzionale uno strumento come un pennello o una matita, cioè la maggior parte dei partecipanti al Caffè; il rapporto con la terra è senza intermediari.

La creta, materia malleabile e trasformativa, si adatta alle persone con Alzheimer che cambiano continuamente, seguendo il loro movimento.

Modellare l’argilla riattiva la memoria corporea più arcaica, quella che non si cancella nemmeno quando le parole si perdono e i ricordi sfumano…

Ricordiamo come il nostro Io sia anzitutto Io-pelle, cioè si strutturi a partire da un involucro sensoriale fatto di contatto, tattilità, ma anche di suoni, odori, voci, risonanze affettive…

Lavorare la creta richiama l’esperienza antica di un contatto affettivo preverbale, con la materia e con gli operatori che se ne occupano, molto diverso da quel contatto assistenziale, basato sul soddisfacimento dei bisogni primari, che caratterizza in genere il rapporto con l’anziano affetto da patologia.

Gli oltre 10 anni di conduzione del Caffè ci hanno mostrato come la scelta della creta come materiale esclusivo si allinei perfettamente con il senso di un Caffè Alzheimer: un momento di condivisione significativa non richiede grandi cose, molti stimoli, i materiali artistici più vari e tanti colori… per stare insieme è sufficiente un blocco di creta (un caffè).


VADEMECUM RELAZIONALE PER OPERATORI (VOLONTARI) E CAREGIVER

Ci curiamo molto che il modo di relazionarsi alle persone con demenza sia un modo rispettoso.

Quale atteggiamento tenere?

CREDERE NELLA SOGGETTIVITA’: è l’unica possibilità che abbiamo perché si crei qualcosa e per poter lavorare con fiducia. Come una mamma, che suppone un senso nel grido del neonato e così permette che lui si crei come soggetto, crediamo che fino all’ultimo esista una soggettività, una volontà di dire. E’ importante, in quest’ottica, non tenere comportamenti infantilizzanti con queste persone (questo vale per tutte le utenze).

TENERE INSIEME VITA E MORTE: accanto all’amore per la vita, elemento importantissimo nella cura delle persone con demenza (nella cura in generale), non dobbiamo dimenticare che dall’Alzheimer non si torna indietro. Stare accanto all’Alzheimer significa fare i conti con il senso di impotenza e di morte, significa accettare la frustrazione e il dolore provocato dal fatto che la persona con demenza ci lasci cadere come soggetti, fino a non riconoscerci più.

STARE NEL QUI E ORA: come fa l’arteterapeuta che, nel qui e ora della creazione, “interviene” sull’aspetto tecnico-formale per consolidare, dare sostegno e offrire una base sicura all’oggetto creato senza mai interpretarne il contenuto, con le persone con Alzheimer è sempre fondamentale stare nel momento, seguendo il loro moto ripetitivo, ma pronti a cogliere quei brevi attimi di presenza e di contatto; tutto questo è vero avendo sempre in mente una continuità nella soggettività…

GUARDARE CON OCCHI CREATIVI: saper trovare il nuovo nel quotidiano, anche nel ripetitivo è uno stato mentale fondamentale, da tenere dentro di noi che ci troviamo confrontati con il moto perpetuo di queste persone. Il lavoro che proponiamo con la creta ci confronta molto bene con questa dimensione: se l’essenzialità (proporre un solo materiale) può mettere molto alla prova noi operatori, può infatti essere molto più difficile “stare” con pochi stimoli che con molti stimoli, questa esperienza ci offre uno slancio vitale: i familiari, vedendo gli oggetti creati dai loro cari, possono ancora credere nella loro soggettività e nelle loro risorse; per noi operatori sentire viva la loro creatività ci dà speranza e dà senso al nostro lavoro.

OSSERVARE: l’osservazione della psicomotricità del comportamento, dei movimenti, della relazione con gli altri e con lo spazio, delle parole e delle espressioni (in arteterapia,  questa osservazione, registrata tramite fotografie, video, documentazione scritta e grafica, si arricchisce del rapporto della persona con il materiale e con noi) ci fornisce informazioni utili per la relazione (come si rilassa questa persona? Quando invece si agita? ecc.).

OSSERVARSI: è importante fare attenzione, oltre che alle parole, anche alla propria modalità di interazione corporea. Comunichiamo anche attraverso il nostro corpo (movimento, postura, gestualità, tono della voce, distanza tra il nostro corpo e il corpo dell’altro). La persona con demenza, le cui possibilità comunicative tramite la parola si riducono sempre di più, recepisce in maniera amplificata i messaggi che arrivano dal corpo dell’altro.

ASCOLTARE: spesso, in particolare quando ci approcciamo ad una persona con difficoltà nel linguaggio, tendiamo ad interromperla e a non rispettare i momenti di pausa tra una parola e l’altra. Ogni parola e ogni gesto personale, invece, vanno protetti e aiutati a venir fuori nel tempo necessario. Importanti sono anche i silenzi, che sono carichi di significati. Durante i silenzi nascono tante connessioni che contribuiscono alla relazione.

[Vademecum in divenire…]


BIBLIOGRAFIA

Dipino L., 2021, Come Orfeo ed Euridice, Mimesis Ed.

Innocenti I., Malavasi L. (a cura di), 2020, Girovaghi sulla luna, Svirgole 3. Quaderni di arteterapia, Libri Liberi Ed.









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