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Esperienze traumatiche nei bambini ed elaborazioni possibili

Aggiornamento: 19 apr 2020

Come stare vicini ai propri bambini che vivono esperienze traumatizzanti?

L’infanzia è la prima tappa nella costruzione dell’identità.

Qualcosa che si ripete, che il bambino riconosce, ad esempio le routine, sono fondamentali per favorire quel senso di continuità dell'esistenza che sta alla base della futura costruzione della sicurezza e della stabilità di sé.

Ciò non significa che si debba pensare alla vita di un bambino come scandita da schemi rigidi, il che andrebbe a compromettere quegli aspetti, altrettanto centrali, di spontaneità e di libertà. Continuità e ripetitività vanno accompagnate da quell’affettività e relazionalità genitoriale che rende i loro gesti non meccanici.

Un evento che spezza improvvisamente la quotidianità del bambino, la ritmicità della sua vita, è qualcosa di traumatico per lui, poiché distrugge i suoi punti di riferimento, il senso di continuità della sua vita e di sè e lo confronta con sensazioni di perdita e distruzione della propria realtà interna ed esterna.

Le reazioni difensive di fronte a questi avvenimenti possono essere varie e in genere coinvolgono le sue aree più fragili. Ci sono bimbii che somatizzano più frequentemente nell’area alimentare, altri in quella del sonno, altri si ammalano e così via.

Un bambino può avere delle regressioni a comportamenti evolutivamente già superati (ricominciare a farsi la pipì addosso, mettersi il dito in bocca, voler dormire nel lettone, riattivare vecchie paure quali quella del buio, della morte…), può mostrare disinteresse verso giochi e attività in genere molto piacevoli, può sviluppare insonnia, problemi dell’alimentazione, dell’attaccamento, piuttosto che forme che vanno dalla tristezza alla depressione al mutismo, così come avere scatti improvvisi di rabbia, o un incremento dei capricci e dei pianti improvvisi.

Queste espressioni di malessere, che non necessariamente saranno sintomi durevoli nel tempo, sono indicatori dell’inesprimibilità del suo dolore, un dolore che, proprio perché non può essere espresso ed elaborato, si manifesta in maniera sintomatica.

I vissuti di paura, rabbia, tristezza, impotenza che queste reazioni nascondono vanno trattati dai genitori con particolare attenzione e delicatezza, per aiutare il piccolo nel lavoro di condivisione, di significazione e di elaborazione.

Si tratta anzitutto di tentare di trasmettergli più che mai un senso di familiarità e vicinanza affettiva, in modo da offrirgli delle coordinate nel caos e un senso di forte affidabilità e sostegno.

Inoltre, è necessario aiutarlo a mettere in parola i suoi vissuti, che non vanno mai banalizzati, ma riconosciuti, accolti e compresi.

In questo, i genitori possono farsi aiutare dal gioco insieme, dai disegni o dalle fiabe, che sono strumenti simbolici.

Bettelheim riconosce nel linguaggio metaforico che le caratterizza il valore delle fiabe. Nel loro giocarsi sul crinale tra conscio e inconscio, tra realtà e fantasia, raccontano vissuti comuni ai bambini di tutti i tempi, ma con quella giusta distanza che rende questi vissuti sopportabili. Così, per il tramite delle fiabe e dei loro eroi con i quali può immedesimarsi, il bimbo si accosta pian piano alla propria realtà vissuta, per affrontare le proprie paure, incertezze, crisi, contraddizioni, frustrazioni.

La fiaba affronta il negativo, il drammatico, l’inquietante offrendo una possibile soluzione alla cruda realtà.

Questo potrebbe essere un primo modo di avvicinarsi al problema che affligge il bambino… ogni genitore saprà il modo migliore per avvicinarsi al proprio.

E’ importante anche dare al piccolo delle informazioni concrete. Questo non significa esporlo alla realtà dei fatti nella sua brutalità attraverso, ad esempio, la visione di telegiornali.

Ma raccontargli, con le proprie parole e con un linguaggio adatto alla sua età, gli accadimenti. Spiegargli come si sviluppa una determinata calamità naturale, ad esempio, e come si può fare per prevenirla in futuro, lo aiuta a rinforzare, oltre che un senso di controllo nell'impotenza, anche un senso di responsabilità.



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